Come localizzare l’epicentro di un terremoto

Il terremoto si origina in un punto all’interno della Terra che prende il nome di “ipocentro”; la proiezione dell’ipocentro sulla superficie della Terra prende invece il nome di “epicentro”. 

Nella prima parte dell’esperienza si determinerà l’epicentro di un terremoto avvenuto in Italia Centrale (3 novembre 2016, M = 4.7) a partire dai sismogrammi registrati da tre stazioni (OFFI, GUMI e LNSS) della Rete Sismica Nazionale Centralizzata gestita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. 

Nella seconda parte dell’esperienza, gli studenti faranno lo studio macrosismico di un terremoto che ha colpito l’Umbria il 17 ottobre 1982 e ne individueranno l’epicentro dopo aver costruito la mappa macrosisimica dell’area interessata. 

Questo esperimento è presente anche per la scuola secondaria di II grado: Come localizzare l’epicentro di un terremoto

Scheda esperimento

Classi 3° anno
Tipologia Strumentazione semplice
Durata 1 h
Consulta la legenda delle icone.

Scheda sintetica delle attività

Per capire come si calcola l’epicentro di un terremoto è importante ricordare che la differenza tra il tempo di arrivo dell’onda P e quello dell’onda S (intervallo S-P) dipende dalla distanza tra epicentro e stazione. Sebbene i metodi di localizzazione dell’epicentro di un terremoto siano più complessi, in questa esperienza si illustrano i concetti fondamentali per calcolarlo, considerando un evento sismico avvenuto in Italia Centrale e registrato da diverse stazioni della Rete Sismica Nazionale dell’INGV. Misurando l’intervallo di tempo che intercorre tra l’arrivo delle onde P e quello delle onde S (intervallo S-P) in ogni stazione, è possibile convertire tale intervallo in una distanza in km (utilizzando un apposito grafico). Nota la distanza epicentrale, si costruiscono dei cerchi di raggio pari a tale distanza centrati sulla stazione di misura. L’intersezione di tre cerchi ottenuti dalla lettura di tre sismogrammi rappresenta l’epicentro del terremoto. 

Risorse

  • compasso; 
  • righello; 
  • matita; 
  • matite colorate.

Allegati

Prerequisiti

  • Conoscere il significato di ipocentro ed epicentro di un terremoto
  • Saper distinguere le caratteristiche fisiche delle onde sismiche e la loro propagazione
  • Conoscere la relazione spazio-tempo (velocità)
  • Saper leggere un sismogramma
  • Saper leggere una scala
  • Saper utilizzare un compasso
  • Saper leggere una carta geografica in scala 1:100000
  • Conoscere la scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg)

Obiettivi di apprendimento

Saper localizzare l’epicentro di un terremoto.

Dotazioni di sicurezza

Nessuna

Svolgimento

Esperienza 1: Individuare l’epicentro di un terremoto attraverso l’analisi di 3 sismogrammi 

Un terremoto genera due tipi di onde di volume: le onde P, che sono le più veloci e quindi le prime ad essere registrate sul sismogramma, e le onde S, che viaggiano più lentamente. La differenza tra il tempo di arrivo dell’onda P e quello dell’onda S (intervallo S-P) dipende dalla distanza tra epicentro e stazione; infatti, una stazione sismica vicina all’epicentro registra l’arrivo delle onde P ed S in rapida successione, mentre per una stazione più lontana tale differenza è maggiore. Questi sono i principi di base che ci permetteranno di individuare l’epicentro di un terremoto, attraverso l’analisi di tre sismogrammi.  

Realizzazione

Dividere gli studenti in gruppi e fornire loro i sismogrammi registrati da tre diverse stazioni della Rete Sismica Nazionale Centralizzata gestita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: OFFI (allegato 1), GUMI (allegato 2) e LNSS (allegato 3) relativi allo stesso evento sismico avvenuto in Italia Centrale il 3 novembre 2016 (figura 1).

Analisi dei 3 sismogrammi
Figura 1: analisi dei tre sismogrammi

Si passa poi all’analisi dei 3 sismogrammi; ogni allegato contiene tre tracce di sismogramma per la stessa registrazione: la traccia con la sigla HHZ è relativa alla registrazione di un sismometro verticale, mentre le tracce con le sigle HHN e HHE sono relative alla registrazione di sismometri orizzontali, orientati N-S (HHN) e E-W (HHE). L’arrivo in secondi delle onde P si segna sul sismogramma HNZ (verticale) mentre l’arrivo delle onde S su uno dei due sismogrammi HNN o HNE (orizzontali) (figura 2).

tracce per tre stazioni di misura
Figura 2: per ogni stazione di misura (nell’esempio GUMA) sono disponibili tre tracce di sismogramma, una (HNZ) relativa alla registrazione di un sismometro verticale e le altre due relative alle registrazioni di sismometri orizzontali, uno orientato N-S (HNN) e uno E-W (HNE).

Con l’aiuto di un righello, gli studenti dovranno individuare l’arrivo delle onde P e quello delle onde S per ciascun sismogramma.  La sottrazione tra il tempo di arrivo delle onde S e il tempo di arrivo delle onde P definisce l’intervallo S-P per il sismogramma analizzato.  

Il diagramma Tempo S-P (allegato 4) è un grafico empirico che permette di convertire l’intervallo S-P di ciascun sismogramma in una distanza in km; attraverso l’utilizzo di questo diagramma gli studenti individueranno la distanza epicentrale del terremoto dalla stazione sismica che lo ha rilevato attraverso il sismogramma corrispondente (figura 3).

Gli studenti determinano la distanza dall'epicentro utilizzando Il diagramma empirico Tempo S-P
Figura 3: gli studenti determinano la distanza epicentrale utilizzando il diagramma empirico Tempo S-P

Per poter localizzare esattamente l’epicentro, occorrono tuttavia i dati registrati da più stazioni sismografiche. Infatti, i dati di una sola stazione potranno definire solo la distanza, che corrisponde ad una zona circolare ma non sappiamo su quale punto di questa circonferenza si è generato l’evento sismico (figura 4).

Per questa ragione è necessario analizzare i sismogrammi di almeno tre stazioni sismiche perché tre circonferenze che si intersecano, non concentriche, hanno in comune un solo punto (figura 5).

Si effettua quindi l’analisi dell’intervallo S-P anche per le altre due stazioni sismiche fino ad ottenere le misure delle tre distanze epicentrali che andranno riportate nella tabella dell’allegato 4 sia in km per la misura reale che in cm per la misura in scala.  

Schema distanza dall'epicentro con una stazione
Figura 4: una singola stazione sismica può fornire informazioni sulla distanza epicentrale (correlata all’intervallo S-P che si legge sul sismogramma) del terremoto, ma non sulla sua localizzazione.
Schema dell'epicentro con due stazioni
Schema dell'epicentro con tre stazioni

Figura 5: tre stazioni è il numero minino di stazioni per ottenere con precisione
la localizzazione dell’epicentro dell’evento sismico in esame.

A questo punto, per individuare l’epicentro esatto del terremoto, gli studenti dovranno prendere la mappa dell’Italia centrale che riporta le tre stazioni sismiche (allegato 5), e costruire su di essa le tre circonferenze che si ottengono puntando il compasso nella stazione sismografica e aprendolo di un valore uguale alla distanza dall’epicentro in scala.

Una volta individuata l’intersezione delle tre circonferenze, questa corrisponderà all’epicentro (figura 6). Qualora gli studenti fossero poco precisi, invece di un singolo punto otterrebbero un piccolo “triangolino” con i lati curvi all’interno del quale comunque ricade l’epicentro.

Costruzione con il compasso delle tre circonferenze la cui intersezione permette di individuare l'epicentro del sisma.
Figura 6: costruzione con il compasso delle tre circonferenze la cui intersezione permette di individuare l’epicentro del sisma

L’allegato 6 riporta i sismogrammi delle tre stazioni in cui sono presenti anche gli orari (in orario GMT) degli arrivi delle onde P e delle onde S (figura 7). Nel caso del terremoto in studio (3 novembre 2016, M = 4.7), le onde P sono arrivate, nella stazione GUMA (riportata in figura 2) alle 00:35:06.282 mentre le onde S sono arrivate alle 00:35:10.357, cioè circa 4 secondi dopo le onde P. Si noti che l’intervallo S-P che avevamo definito nell’esercizio precedente utilizzando le tre tracce dei sismogrammi risulta essere proprio di circa 4 secondi. Si noti che il tempo che è riportato lungo l’asse delle ascisse nei sismogrammi non è l’orario reale ma è una scala temporale in secondi. 

Sismogramma con soluzioni
Figura 7: nell’allegato con le soluzioni sono riportati i tempi di arrivo delle onde P e S (orario GMT). Noto il tempo origine è possibile calcolare la distanza epicentrale con le formule riportare nella sezione “Note e storia”.

Esperienza 2 – Costruire una mappa d’intensità macrosismica 

Storicamente l’epicentro di un terremoto poteva essere individuato solo empiricamente analizzandone gli effetti, valutando cioè l’intensità del sisma constatando i danni provocati dalle scosse (dati macrosismici). La prima scala di misura di intensità dei terremoti venne formulata da De Rossi e Forel nel 1880 e impiegava come unità di misura il “grado”. I gradi, indicati con i numeri romani da I a X, erano definiti in modo approssimativo. 

Una scala più precisa, ma sempre di natura empirica e descrittiva venne formulata nel 1902 dal sismologo e vulcanologo italiano Mercalli. Essa comprendeva inizialmente dieci gradi ed era basata sia sulla percezione soggettiva sia sull’entità delle distruzioni subite dagli edifici. Più tardi H.O. Wood e F. Neumann modificarono la scala Mercalli aumentandola fino a 12 gradi.  

Nonostante i limiti delle scale di intensità è opportuno sottolineare l’importanza che queste rivestono in caso di sismi di cui non si hanno registrazioni strumentali. Ciò ha permesso di classificare terremoti antichissimi. In Italia dall’anno 1000 ad oggi si sono verificati circa 30.000 terremoti dei quali oltre 200 disastrosi. 

La rilevazione dell’intensità di un terremoto oggi avviene anche tramite questionari distribuiti alla popolazione, il che consente di individuare le isosisme, linee che racchiudono le aree in cui il sisma si è manifestata con uguale intensità. 

Le isosisme delimitano in genere aree dalla forma irregolare, che riflettono la struttura geologica della regione interessata. Infatti, l’energia sismica si propaga con maggiore facilità lungo direzioni preferenziali, in base alla distribuzione delle rocce e alle caratteristiche dei terreni. 

Per costruire la mappa di intensità macrosismica e individuare l’epicentro è necessario dividere in gruppi la classe e svolgere le esperienze contemporaneamente. Nell’esempio riportato, riferito al terremoto dell’Umbria del 17/10/1982, si forniscono ai ragazzi per i diversi paesi dell’area coinvolta dal sisma la descrizione degli effetti rilevati mediante questionari alla popolazione e dai tecnici della protezione civile o dati raccolti da persone che hanno assistito al terremoto (allegato 8). 

Modalità di lavoro

Leggere i brani a disposizione facendo attenzione agli effetti dell’evento sismico a cui si fa riferimento ed evidenziando anche quali comportamenti riportati ritenete corretti e quali sbagliati. Attraverso il confronto con la scala M.C.S. ricercare di ciascuna delle località citate nei brani, o di ciascun gruppo di località, il grado di intensità da attribuire loro, in modo da completare la tabella (allegato 7). Indicare i vari gradi con colori differenti. 

Una volta individuate le varie località sulla mappa (allegato 9) (cercandone la posizione su internet se non indicate), contrassegnare con un punto del colore corrispondente le varie località in base al grado che gli è stato attribuito nel compilare la tabella sulla base dei brani letti. Racchiudere con una linea tutti i luoghi ai quali è attribuita la stessa intensità. Evidenziandola con i colori che avete riportato in tabella e corrispondenti ai differenti gradi di intensità. Si otterranno così le isosisme. In tal modo si potrà anche individuare l’area di massima intensità, nella quale dovrebbe cadere l’epicentro, e poi quelle di intensità via via decrescente. 

Infine, completare la mappa di intensità macrosismiche con la relativa legenda. 
Prima dell’esperienza si potrebbe mostrare ai ragazzi una rappresentazione cartografiche macrosismica come quella riportata in figura 8. 

esempio di mappa macrosismica
Figura 8: esempio di mappa macrosismica

Note e storia

Formule utili

Quando si hanno a disposizione le registrazioni, ottenute in almeno tre stazioni, di un evento sismico che si è verificato nell’istante \(t_0\) (tempo origine) e si conoscono gli orari di arrivo (in orario GMT) delle onde P e delle onde S, è possibile determinare lo coordinate epicentrali del terremoto se sono note le velocità di propagazione (\(V_p\) e \(V_s\)) delle onde sismiche e se si suppone isotropo (un mezzo si dice isotropo quando presenta le stesse caratteristiche chimico- fisiche in tutte le direzioni) il mezzo attraverso il quale esse si propagano.Nella gran parte delle rocce crostali, il rapporto fra le velocità delle onde P e delle S è pari a \(\sqrt{3}\) cioè \(V_p/V_s = 1,73\). Alle onde P che viaggiano nella crosta terrestre, può essere attribuita una velocità media di circa 6,7 km/s e, di conseguenza, alle onde S una velocità di 6,7/1,73 km/s = 3,9 km/s.

L’intervallo di tempo \(t_p – t_0\) che le onde P impiegano per raggiungere dall’epicentro un determinato sito sulla superficie terrestre è dato dall’espressione:

\[t_p – t_0= \frac{\Delta}{V_p}\]

dove \(t_0\) è l’istante di inizio del terremoto (in orario GMT), \(t_p\) è l’ora alla quale arriva l’onda P alla stazione (in orario GMT) e \(\Delta\) è la distanza fra l’epicentro e il sito.

Analogamente, l’intervallo di tempo \(t_s – t_0\) che le onde S impiegano per raggiungere dall’epicentro un determinato sito sulla superficie terrestre è dato dall’espressione:

\[t_s – t_0= \frac{\Delta}{V_s}\]

dove \(t_0\) è l’istante di inizio del terremoto (in orario GMT), \(t_s\) è l’ora alla quale arriva l’onda S alla stazione (in orario GMT) e \(\Delta\) è la distanza fra l’epicentro e il sito. 

Quindi avremo che:

\[( t_s – t_0 ) – ( t_p – t_0 ) = t_s – t_p =  \frac{\Delta}{V_s} – \frac{\Delta}{V_p} = 0,73 \cdot \frac{\Delta}{V_p}\]
La distanza fra la stazione sismica e l’epicentro del terremoto può essere quindi determinata dall’intervallo di tempo \(t_s – t_p\)  che intercorre fra l’arrivo alla stazione delle onde P e delle onde S per mezzo della formula:

\[\Delta = \frac{V_p \cdot (t_s – t_p)}{0,73} =   \frac{6,7 \cdot (t_s – t_p)}{0,73}\  in\ km\]

Note storiche 

Quando si verifica un evento sismico, giungono a noi onde sismiche provenienti da qualsiasi ipocentro, persino quelle generate agli antipodi. Registrarle permette non solo di contribuire a individuare l’epicentro dell’evento sismico e la sua magnitudo ma anche a ottenere informazioni sulla struttura interna della Terra. I sismografi  riportano in un grafico il movimento del terreno. Dalla lettura del grafico, che prende nome di  ”sismogramma”, si ricavano tutte le caratteristiche del terremoto: energia, distanza dell’epicentro, profondità dell’ipocentro. 

Il sistema meccanico che permette di rilevare il terremoto si basa sul principio di inerzia. Il sistema più semplice è rappresentato idealmente da un pendolo. Il più antico sismometro italiano fu realizzato a Perugia nel 1731 da Andrea Bina, esso consisteva in una lunga fune, appesa al soffitto di una stanza con attaccato, all’altra estremità, un pesante masso (figura 9).

sismografo a pendolo realizzato sul modello di Andrea Bina
Figura 9: sismografo a pendolo realizzato sul modello di Andrea Bina

Tale masso aveva uno stilo nella parte inferiore, la cui punta sprofondava nella sabbia contenuta in una vaschetta, che a sua volta galleggiava in un ampio vaso pieno d’acqua. In occasione dei terremoti, il pendolo lasciava la sua traccia nella sabbia. 

 Nel corso del tempo il principio di base per rilevare i terremoti si è conservato. Ciò che si è modificato maggiormente è il sistema di trasduzione e di registrazione. 

Bibliografia

Autori

Massimo Malerba, I.C. “C. Melone”, Ladispoli (RM); 
Manuela Pontremoli, I.C. “L. Fantappié”, Viterbo 

Hanno contribuito all’ottimizzazione dell’esperimento:
Anna Laura Pojaghi, I.C. di Olginate, Olginate (LE)  
Eleonora Santolini, Scuola secondaria di I grado “G. Manzi”, Civitavecchia (RM)
Antonia Smisi, I.C. “Piazza Damiano Sauli”, Roma 

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