Riassunto / Abstract
Utilizzando soluzioni a concentrazione nota di zuccheri quali saccarosio, fruttosio e glucosio si effettuano misure di potere ottico rotatorio impiegando polarimetri costruiti a partire da materiali di facile reperibilità.
Si confrontano le misure ottenute dai diversi polarimetri per effettuarne la taratura e verificare la riproducibilità dei risultati e si prosegue studiando sperimentalmente l’effetto di alcune variabili sull’attività ottica delle soluzioni.
Scheda sintetica delle attività
- Preparazione di soluzioni concentrate di saccarosio, fruttosio e glucosio.
- Addestramento all’utilizzo del polarimetro artigianale.
- Taratura dello strumento .
- Studio delle variabili che influenzano l’attività ottica.
- Raccolta dei dati, elaborazione e confronto risultati dei vari gruppi di lavoro.
- Discussione finale.
Risorse necessarie
Per preparare le soluzioni:
- bilancia tecnica;
- piastra elettrica o forno a microonde;
- matraccio graduato da 500 mL;
- becher da 500 mL (oppure un pentolino);
- bacchetta di vetro per mescolare;
- saccarosio (acquistabile al supermercato);
- fruttosio (tecnico o acquistabile al supermercato);
- glucosio;
- acqua demineralizzata.
Per effettuare misure di potere ottico rotatorio:
- 3 cilindri graduati da 50 o 100 mL;
- metro a nastro (tipo Stanley);
- nastro adesivo;
- puntatore laser rosso λ= 650 nm;
- acqua demineralizzata;
- polarimetro artigianale (per la costruzione vedi esperimento 43-Scienze “Un polarimetro fai da te”).
Prerequisiti necessari
- Conoscenze di base sulla polarizzazione della luce;
- conoscenze di base sull’isomeria ottica;
- tecniche fondamentali per misurare massa e volume;
- preparazione di soluzioni ad una data concentrazione;
- calcolo dei valori di concentrazione delle soluzioni dopo diluizione;
- utilizzo di un foglio di calcolo (Excel) per la raccolta e l’elaborazione dei dati.
Obiettivi di apprendimento
- Individuare la relazione matematica fra le variabili che influenzano il potere ottico rotatorio;
- valutare gli errori di misura e l’affidabilità dei dati ottenuti;
- individuare ulteriori possibili applicazioni della polarimetria;
- individuare criticità e suggerire miglioramenti delle procedure e degli strumenti;
- consolidare abilità di laboratorio: manualità, precisione, organizzazione;
- collaborazione nel gruppo di lavoro: assunzione di ruolo e responsabilità in rapporto all’obiettivo da raggiungere.
Dotazioni di sicurezza
- Nessuna in particolare, a parte i normali DPI.
- Cautela nell’utilizzare sorgenti di calore.
- Utilizzare in modo appropriato il dispositivo laser che non va assolutamente puntato negli occhi.
Svolgimento
Preparazione della strumentazione e osservazioni preliminari
L’esperienza descritta richiede di avere a disposizione un polarimetro per ciascun gruppo di studenti e soluzioni zuccherine già pronte, preparate alcune ore prima.
Per la costruzione del polarimetro si rimanda all’esperimento 43-Scienze (figura 1); per la preparazione delle soluzioni si rimanda alla Nota 1.
Ciascun gruppo di lavoro inizia con il prendere confidenza con lo strumento, osserva le sue parti costitutive, in particolare il filtro polarizzatore, posto immediatamente dopo il foro di passaggio per il fascio di luce del laser, ed il filtro analizzatore che è incollato su di un goniometro libero di ruotare a 360°, tenuto in posizione da una serie di puntine da disegno. In messo ai due filtri, un ripiano forato costituisce il sostegno per un cilindro graduato, che funge da tubo polarimetrico.
Il puntatore laser viene fissato in modo da essere perfettamente verticale, così da proiettare il fascio di luce sulla base dello strumento, dove sarà visibile una piccola area luminosa; ruotando il goniometro si noterà che l’intensità luminosa varia da un massimo ad un minimo, che si susseguono a 90° l’uno dall’altro. È essenziale poter disporre di un ambiente scarsamente illuminato, in quanto le condizioni di penombra permettono di apprezzare meglio le variazioni di intensità luminosa.
Lo strumento va azzerato ruotando il goniometro fino alla scomparsa del punto luminoso (o al raggiungimento del valore minimo di intensità), visibile alla base dello strumento; in questa posizione di estinzione si osserverà che il raggio proiettato dal laser è ben visibile sopra la lente analizzatrice, ma non la attraversa. Un foglietto di carta bianca, incollato sulla base del polarimetro renderà più evidente questo fenomeno. Quindi, sul ripiano del goniometro si posiziona uno spillo che funge da indice, fissandolo al supporto con del materiale adesivo in modo da allinearlo con il valore zero sulla scala del . Una lente di ingrandimento, facoltativa, permetterà di effettuare più facilmente le letture.
Si prepara il cilindro graduato (o altro recipiente di vetro) che verrà utilizzato come tubo porta campioni, il cui fondo deve essere perfettamente piatto e trasparente e lo si tara per la lunghezza del cammino ottico prescelto (es. 1,00 dm; oppure 1,50 dm, figura 3). Almeno due gruppi dovrebbero tarare il loro recipiente per diversi cammini ottici (es. 0,75 dm; 1,00 dm; 1,50 dm; 2,00 dm). Le “tacche” corrispondenti ai vari livelli si possono realizzare incollando con nastro adesivo una sottile strisciolina di carta all’esterno del cilindro.
Ponendo il cilindro vuoto sul supporto forato del polarimetro (come in figura 1) si osserva come non ci sia nessun cambiamento nel passaggio della luce: se i due filtri erano in estinzione, lo saranno ancora; lo stesso accade se si riempie il cilindro con sola acqua o con una soluzione otticamente inattiva (es: soluzione salina oppure una miscela di acqua e alcool).
Se invece si pone nel cilindro una soluzione di un composto otticamente attivo, si osserverà la ricomparsa del punto luminoso. Per misurare il potere rotatorio, si ruoterà di un certo angolo il goniometro, nel verso che corrisponde alla diminuzione della luminosità, fermandosi quando il punto luminoso scompare nuovamente. Per convenzione, si considera destrogiro (+) un composto che fa ruotare in senso orario il piano della luce polarizzata, per un osservatore che guardi in direzione della sorgente luminosa. Nel nostro caso l’osservatore guarda nella direzione opposta, quindi considererà destrogira una sostanza che gli farà ruotare il goniometro in senso antiorario per ritrovare il punto di estinzione.
Taratura dello strumento
Le cause di errore da considerare prima di utilizzare lo strumento sono:
- la non riproducibilità delle misure,
- la differenza più o meno sistematica dei dati ottenuti con i valori della letteratura
- la preparazione dei campioni da misurare nelle diverse condizioni.
Anche se, per qualsiasi ragione (compresa la mancanza di tempo), si decidesse di non tener conto di questi errori, è opportuno metterli a fuoco in una discussione collettiva non solo per essere consapevoli della validità delle misure raccolte ma anche per decidere dell’attendibilità delle relazioni eventualmente trovate (rispetto alle variazioni accidentali dei dati). Inoltre, la discussione è un modo per imparare a progettare un’esperienza che sia coerente con i propri obiettivi e con le proprie risorse. In altre parole è poco sensato utilizzare uno strumento di misura sofisticato quando la preparazione dei campioni introduce errori molto superiori a quelli di misura, così come non ha senso disporre di un’apparecchiatura molto sensibile quando si deve mettere in evidenza una variazione molto grande. Analogamente non è corretto utilizzare uno strumento ‘povero’ se non si è provveduto a tararlo rispetto a standard noti per tener conto degli errori di tipo sistematico introdotti.
La riproducibilità delle misure si può valutare facendo misurare l’angolo di rotazione, per la stessa soluzione, da operatori diversi e azzerando lo strumento ad ogni nuova lettura. I risultati dimostrano che le gli strumenti hanno una discreta precisione, a patto che tutti gli operatori adottino la stessa procedura. In particolare, la lettura dell’angolo va fatta a metà dell’intervallo ( che è di circa 2°) , fra la scomparsa e la ricomparsa del punto luminoso. Le strategie per minimizzare gli errori nella preparazione delle soluzioni sono discusse nella nota 1.
La taratura degli strumenti può essere fatta misurando l’attività ottica di soluzioni a concentrazione nota di saccarosio, in modo da ottenere un grafico del tipo di quello della Figura 5.
Come si vede, i dati misurati hanno un andamento lineare anche se con qualche scarto. L’equazione della retta è riportata sul grafico. Da questa si può risalire ai valori della concentrazione applicando la relazione:
La taratura, quindi, ci permette di tenere conto di tutte le alterazioni introdotte dalla nostra apparecchiatura semplificata rispetto a quelle utilizzate nei laboratori, compreso il diverso valore della lunghezza d’onda alla quale facciamo le misure. L’unica condizione è che tutte le condizioni delle misure non vengano modificate (utilizzare sempre lo stesso puntatore laser, lo stesso polarimetro, ecc.)
Da notare che se venissero utilizzati più strumenti ‘poveri’ (come avverrebbe nel caso della suddivisione del lavoro tra gruppi), la taratura è anche l’unico modo per poter confrontare i dati ottenuti con i diversi strumenti. Questi infatti non sono stati costruiti tutti nello stesso modo, ma ognuno è leggermente diverso da un altro e, tramite la taratura, il confronto non viene fatto sulle misure di attività ottica, ma direttamente sulle concentrazioni.
Questo modo di procedere (fare misure per confronto) è molto comune in Chimica e nelle altre scienze sperimentali. Basti pensare alle misure di lunghezza o a quelle di massa o di quantità di materia (il numero di moli): sono tutte fatte per confronto con un campione standard. Nel nostro caso il ‘campione standard’ sarebbe la soluzione ‘madre’ dalla quale abbiamo preparato le soluzioni utilizzate per la taratura. Se questa fosse sbagliata, tutte le altre sarebbero affette dallo stesso errore e quindi la sua preparazione deve essere fatta con la massima cura possibile.
Studio delle variabili che influenzano l’attività ottica
Ciascun gruppo procede quindi alle misure di potere ottico rotatorio delle soluzioni zuccherine: una breve discussione preliminare permetterà di distribuire il lavoro fra i gruppi in modo da esplorare tutte le possibili variabili: la stessa variabile dovrebbe essere studiata almeno da due gruppi diversi per poter confrontare i risultati:
·Misura del potere ottico rotatorio, a parità di concentrazione e cammino ottico, di saccarosio, fruttosio e glucosio. Se il quest’ultimo non fosse disponibile, ci si può limitare ai primi due, sfruttando il fatto che il saccarosio è (+)destrogiro, mentre il fruttosio è (-)levogiro ed entrambi, specialmente il fruttosio, hanno un potere rotatorio specifico piuttosto elevato.
. Misura del potere ottico rotatorio, a parità di cammino ottico, ( es. 1,50 dm) di soluzioni dello stesso tipo di zucchero, a diversa concentrazione e ottenute per diluizione, in modo da determinare almeno tre punti sperimentali: 0,8 g/mL (soluzione di partenza) ; 0,4 g/mL; 0,2 g/mL ; tabulando i dati si assumerà che un quarto punto sperimentale corrisponda alla concentrazione 0,0 g/mL – il solo solvente- , a cui corrisponde un angolo di rotazione pari a 0°.
·Misura del potere ottico rotatorio dello stesso zucchero, a parità di concentrazione, variando la lunghezza del cammino ottico (ovvero lo spessore della soluzione attraversata dalla luce): 0,75 dm; 1,00 dm; 1,50 dm; 2,00 dm.
I dati vengono tabulati, possibilmente sul foglio di calcolo. Si passa, quindi, alla fase di elaborazione dei risultati sperimentali. Ciascun gruppo realizza una retta di taratura e valuta se i risultati delle misure sono più o meno allineati con questa.
A titolo di esempio, in tabella 1 e figure 6, 7 ed 8, si riportano alcuni risultati ottenuti nell’attività sperimentale sviluppata dal gruppo dei docenti “Scienze 2” del Convegno di Bologna- Fondazione Golinelli, 1-3 dicembre 2016.
Discussione dei risultati
Al termine della raccolta e dell’elaborazione dei dati è opportuno dedicare del tempo al confronto dei risultati e ad un momento di discussione, magari guidata dal docente attraverso opportune domande-stimolo; qui di seguito si riportano alcuni spunti ripresi dalle discussioni fra i docenti del gruppo Scienze 2 al Convegno di Bologna e dall’esperienza personale di chi scrive:
a) I diversi polarimetri utilizzati danno risultati confrontabili?
b) Quali sono state le principali fonti di errore? Quali dei queste hanno inciso maggiormente sull’accuratezza delle misure?
c) Che cosa si può affermare sul potere ottico rotatorio di zuccheri diversi? È rilevabile a priori osservando le formule chimiche?
d) Si può considerare ovvio il fatto che i valori di potere rotatorio abbiano una relazione lineare con le concentrazioni, anche a valori molto elevati di queste ultime? Questo si verifica anche in altri ambiti che riguardano le soluzioni?
e) Che relazione matematica sussiste, per ciascuna sostanza esaminata, fra l’insieme delle variabili : potere ottico rotatorio, lunghezza del cammino ottico e concentrazione?
f) Quali sono i valori di potere rotatorio specifico riportati in letteratura per gli zuccheri esaminati? In quali condizioni di laboratorio sono stati ottenuti? Perché i risultati rilevati dai gruppi di lavoro sono diversi da quelli riportati in letteratura? Cosa si dovrebbe fare per ottenere risultati che si avvicinino maggiormente a quelli riportati in letteratura?
g) E’ possibile, utilizzando i dati ottenuti e le rette di taratura, risalire alla determinazione della concentrazione incognita di una soluzione di una delle sostanze testate?
h) Quale ulteriore applicazione si potrebbe pensare per strumenti di questo tipo?
i) Se si mescolano soluzioni di zuccheri diversi, come potrebbe variare il potere rotatorio della miscela rispetto a quello delle soluzioni ad un solo componente?
Si riportano qui di seguito, in sintesi, le risposte attese:
a) I dati ottenuti grazie all’impiego di polarimetri diversi, costruiti però con lo stesso tipo di filtri, risultano di solito abbastanza vicini tra loro, con scarti nell’ordine del 4 -5%. Una delle cause più frequenti di discordanza dei risultati, quando si lavora con gli alunni, è la differenza dei cammini ottici, perchè non sempre c’è attenzione all’allineamento perfetto del menisco con le tacche segnate sul cilindro; sarà necessario sollecitare un particolare attenzione a questo aspetto durante la fase sperimentale.
b) Salvo errori nella preparazione o nella diluizione delle soluzioni esaminate, l’errore più grande, quantificabile in un valore di ± 1°, è dovuto alla scala del goniometro utilizzato e alla difficoltà di apprezzare ad occhio nudo la scomparsa del punto luminoso che avviene in un intervallo di 2° circa intorno al punto di estinzione.
c) per ogni tipo di zucchero esaminato, nelle stesse condizioni sperimentali si osserveranno valori di potere rotatorio diversi, sia come segno che come valore assoluto, che non sono assolutamente prevedibili a priori osservando la struttura della molecola ed il numero di centri chirali presenti.
d) considerando che, sia per i gas che per le soluzioni, il comportamento ideale si ha a valori molto bassi di pressione/ concentrazione, questo comportamento lineare risulta abbastanza sorprendente. Si possono citare alcune situazioni radicalmente diverse: un esempio fra i tanti può essere tratto dalla spettrofotometria. La legge di Lambert-Beer
\[A= \epsilon \cdot l \cdot C\]
mette in relazione i valori di assorbanza \(A\) con i valori di concentrazione \(C\) di una soluzione, ma è valida solo per soluzioni molto diluite, che non superino il valore di 0,01M. Nel caso delle misure polarimetriche, sembra che l’incremento di densità delle soluzioni più concentrate, insieme alle più numerose interazioni intermolecolari presenti, non abbiano un’influenza rilevante .
e) Volendo individuare una relazione che leghi l’insieme delle tre variabili si dovranno confrontare i dati dei gruppi che hanno studiato lo stesso tipo di zucchero, alcuni diluendo la soluzione di partenza, altri misurando il potere rotatorio di diversi spessori di soluzione. Le rette di taratura dovrebbero essere molto simili, se non identiche ( con lo stesso coefficiente angolare). Ciò si può evincere anche dai dati ricavati dalle soluzioni di saccarosio e riportati in tabella1. Dunque: se esiste un \(k’\) tale per cui \(\alpha = k’ \cdot C\) e un\(k”\) per cui \(\alpha = k” \cdot l\), allora esisterà un costante \(k\) per cui \(\alpha = k \cdot C\cdot l\) formula che, opportunamente rielaborata ci porta alla Legge di Biot sul potere rotatorio specifico.
La prova sperimentale può consistere nel misurare il potere rotatorio variando entrambi i parametri, ad esempio diluendo di un fattore 2 e raddoppiando il cammino ottico: il valore non dovrebbe cambiare.
f) I dati di potere rotatorio specifico presenti in letteratura sono il risultato di misure fatte in condizioni diverse da quelle descritte in questo laboratorio. La differenza più importante riguarda la lunghezza d’onda della sorgente luminosa monocromatica: la luce gialla del sodio, riga “d “a 589nm viene comunemente utilizzata nei polarimetri da laboratorio, mentre in questa esperienza si usa un laser rosso a 650 nm. Confrontati con i dati di letteratura, i nostri appaiono sistematicamente inferiori, di circa il 14% in media. Dal momento che questa differenza è praticamente costante, può essere considerata come connessa alla taratura dello strumento. Facendo alcune prove con laser a lunghezze d’onda ancora inferiori, come verde o viola si può notare come i valori del potere rotatorio aumentino, anche se in modo non lineare, con la diminuzione della lunghezza d’onda.
g) La retta di taratura ci consente di calcolare le concentrazioni in rapporto al potere rotatorio misurato, noto lo zucchero presente in soluzione. Questo potrebbe essere applicato ad analisi alimentari, come la determinazione della concentrazione di zucchero in una bibita. Purtroppo è difficilmente praticabile, in quanto nella composizione delle bevande è comune trovare la mescolanza di più dolcificanti.
h) In molte reazioni che riguardano gli zuccheri, come le reazioni di idrolisi ed i processi di fermentazione, i reagenti hanno potere rotatorio specifico diverso da quello dei reagenti, o non l’hanno affatto. Lo svolgimento di una reazione di questo tipo si potrebbe seguire nel tempo attraverso misure di potere rotatorio.
i) Il percorso fin qui effettuato dovrebbe aver fatto intuire agli studenti che gli effetti dell’interazione della luce polarizzata con le molecole chirali dipendono sia dal numero e dal tipo di molecole con cui i fotoni hanno interagito; effetti opposti possono compensarsi totalmente quando in una miscela siano presenti i due enantiomeri di una molecola chirale in uguale concentrazione ( miscela racemica). Questo dovrebbe essere valido anche per molecole di composti differenti, ciascuna delle quali somma la sua piccolissima interazione con quella di tutte le altre. Gli studenti potrebbero esercitarsi nel calcolare teoricamente il potere rotatorio di miscele zuccherine a varia composizione, verificando magari in laboratorio la correttezza della previsione e dell’assunto che la sostiene. Questo esercizio potrebbe essere propedeutico alla svolgimento dell’esperimento 45-Scienze “Dissimetrie molecolari: cinetica di idrolisi del saccarosio”..
Note e storia
Nota 1: la preparazione delle soluzioni va effettuata possibilmente un giorno prima dell’esperienza. La concentrazione, nell’ambito delle misure di potere rotatorio, è espressa in g/mL (massa/volume della soluzione). È opportuno partire da soluzioni zuccherine molto concentrate, dal momento che dovranno essere progressivamente diluite; questo comporta la necessità di sciogliere gli zuccheri a caldo con poca acqua, aspettando qualche tempo per avere una soluzione limpida e portando a volume solo dopo qualche ora. Le soluzioni così preparate si conservano per qualche giorno a temperatura ambiente; in frigorifero si conservano anche più a lungo, ma attenzione alle soluzioni concentrate di glucosio che tendono a precipitare.
A titolo di esempio per 500 mL di soluzione 0,80 g/mL di saccarosio: si pesano 400 g di zucchero sulla bilancia tecnica, utilizzando un becher grande; si aggiunge acqua per scioglierlo parzialmente stando attenti a non superare quello che dovrà essere il volume finale; si pone il tutto su piastra elettrica o nel microonde a bassa potenza fino al completo scioglimento dello zucchero; si trasferisce il tutto nel matraccio graduato e, una volta raffreddata la soluzione, si porta a volume con acqua.
Nota 2: se rimane del tempo a disposizione o rimandando ad un successivo laboratorio si potrebbe chiedere agli studenti di individuare altre variabili in grado di influenzare il potere ottico rotatorio, ad esempio la lunghezza d’onda della luce o la temperatura delle soluzioni, valutandone l’effetto.
Autori
Bernardi Maria
Campacci Silvia
Kennedy Gordon
Torracca Eugenio
Tofani Daniela
Specifiche esperimentoMateria Chimica Classi a cui è rivolto 2° biennio Tipologia di laboratorio Strumentazione semplice Reperibilità del materiale Negozi specializzati, siti web Materiale specifico Polarimetro, saccarosio, fruttosio, glucosio, acqua distillata, cilindri graduati, metro a nastro, puntatore laser Durata esperimento in classe 2 h Capacità di bricolage/assemblaggio No Necessità lavorazioni meccaniche/elettroniche No Necessità PC per acqusizione/analisi dati Sì Necessità di uno smartphone No Parole chiave Chimica Chimica organica Stereochimica Attività ottica |